Il welfare delle donne!


In Europa chi perde il lavoro riceve quasi sempre un sussidio, quello assicurativo e quello assistenziale, questi ultimi finanziati dal sistema fiscale, sono previsti per chi si trova in stato di bisogno: non sono legati, dunque, al passato lavorativo, quelli di tipo assicurativo invece costituiscono una forma di risarcimento del danno subito per la rottura del rapporto di lavoro.

 RosieTheRiverterIl Welfare nel nostro paese si è sviluppato secondo un modello patriarcale e lavorista caricato di oneri politici impropri, derivati dalle peculiarità clientelari del nostro sistema politico italiano. Questa modalità di Welfare si è modellato sul ciclo vitale del lavoratore industriale di massa, il quale prevedeva per gli uomini l’entrata iniziale in giovane età e la successiva permanenza nell’area di lavoro salariato dall’industria con scarsissime prospettive di mutare carriera, seguita dal pensionamento obbligatorio; mentre per le donne, un breve periodo di impiego retribuito, frequentemente interrotto da matrimoni e gravidanze, seguito da un restante periodo dedicato all’assistenza ai bambini, agli invalidi, agli anziani (Andersens, 1996)

Questa riforma non si curava delle esigenze degli individui adulti, lasciando le donne e i giovani alla dipendenza dai salari familiari. L’equità e le pari opportunità iniziano ad avere una certa importanza e nasce l’esigenza di autonomia e indipendenza delle donne.Nasce l’esigenza di coniugare una più ampia libertà e responsabilità individuale con i vincoli della solidarietà collettiva.

L’ondata rosa che ha investito l’Europa dal nord al sud lanciò un messaggio molto preciso a tutte le forze riformiste: non si rinnova il “modello sociale europeo” messo in crisi dagli sconvolgimenti demografici, dalla rivoluzione tecnologica, dalle informazioni, dal lavoro, dalla mobilitazione sociale e dalla politica delle donne. In Italia, molte donne hanno assunto incarichi di governo e di grande responsabilità, ma nonostante il ruolo di alcune ministre, non si può sottovalutare un diffuso sentimento di sfiducia che allontana dalla attiva partecipazione politica larghissime fasce di donne e suscita passività verso figure maschili, concedendo poco potere, poca fiducia alle donne. Il paradosso italiano e il disagio femminile si esprime in questi termini: bassa attività, alta disoccupazione, crescente qualificazione e bassissimo tasso di natalità. Situazione di disagio, perché il vecchio patto patriarcale non è stato sostituito con un nuovo patto, anzi l’emancipazione delle donne prende una piega di peso e frustrazione.

Sono da circa 20 anni che l’elaborazione delle donne si è esercitata a sviluppare idee e proposte che andassero oltre l’orizzonte del Welfare,che considera solo il lavoro extradomestico e penalizza il lavoro di cura, che non considera i diritti di cittadinanza e maternità. L’ottica di genere è importante per evitare che tra crisi di protezione sociale e impossibilità da parte del mercato di adempiere a funzioni poco remunerative si rinforzi la tendenza familista del nostro modello economico, sociale e culturale, a considerare la famiglia la “gamba nascosta del Welfare” (Saraceno 1985)

Come dimostrato da un’ampia letteratura ed esperienze empiriche, i veri giacimenti di un nuovo lavoro, sono i servizi alla persona. Questi tipi di servizi, tradizionalmente e prevalentemente svolto dalle donne, possono essere svolti anche dagli uomini, e dai servizi pubblici, lo stato non può continuare a pensare che in ogni famiglia ci sia una persona che gratuitamente svolge questo tipo di lavoro di cura verso bambini, anziani e invalidi, e non può nemmeno ignorare che questo tipo di lavoro deve essere svolto all’interno della società e deve quindi esistere un’adeguata rete di servizi privati e pubblici che vi provvedano. Lo stato deve tenere conto dell’esistenza di questo lavoro de dell’esigenza delle famiglie di continuare a goderne dei frutti, deve rispettare i cittadini e le sue scelte, deve incentivare la partecipazione femminile alle forze di lavoro e all’occupazione femminile.

Lo Stato sociale è una questione di donne? Lo stato sociale è un sistema di regolazione che incide in maniera palese sul ruolo femminile nella famiglia e nella società e sui rapporti fra i due essi, innanzitutto perché ha dato alle donne possibilità di occupazione diretta e indiretta. L’Italia è tra i paesi più industrializzati, ma si registrano un’alta disoccupazione femminile che si traduce con bassi salari, disparità, ineguaglianza nella vita sociale pubblica e soprattutto nella mercato del lavoro. Lo Stato sociale è carente nella spesa complessiva ma sbilanciato nel rapporto tra erogazione di servizi ed erogazione di trasferimenti monetari e quindi contribuisce a determinare bassa partecipazione e alta disoccupazione femminile.

Le donne si presentano come protagoniste del cambiamento ma deve essere l’intera comunità ad impegnarsi nella riduzione delle disuguaglianze.

Dr.ssa Giuditta Lombardo